Didone abbandonata, Venezia, Rossetti, 1725

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Porto di mare con navi per l’imbarco di Enea.
 
 ENEA con seguito di troiani
 
 ENEA
 Compagni invitti a tolerare avvezzi
 e del cielo e del mar gl'insulti e l'ire,
 destate il vostro ardire,
 che per l'onda infedele
1075è tempo già di rispiegar le vele.
 Per sì strane vicende
 all'impero latino il ciel ne guida.
 Andiamo amici, andiamo.
 Ai troiani navigli
1080fremano pur venti e procelle intorno,
 saran glorie i perigli
 e dolce fia di rammentargli un giorno. (Al suono di vari stromenti siegue l’imbarco e nell’atto che Enea sta per salir su la nave, esce)
 
 SCENA II
 
 IARBA con seguito di mori e detto
 
 IARBA
 Dove rivolge, dove
 quest'eroe fuggitivo i legni e l'armi?
1085Vuol portar guerra altrove
 o da me col fuggir cerca lo scampo?
 ENEA
 Ecco un novello inciampo!
 IARBA
                                                  In questa guisa
 tu lasci in abbandono
 la fida sposa e di Cartago il trono?
 ENEA
1090Alla mia gloria io cedo
 barbaro e non a te la sposa e il regno.
 Se vuoi goderne appieno
 non irritar la sofferenza mia.
 IARBA
 Parmi però che sia
1095viltà, non sofferenza il tuo ritegno.
 Per un momento il legno
 può rimaner sul lido,
 vieni, s'hai cor, meco a pugnar ti sfido.
 ENEA
 Vengo, restate amici, (Alle sue genti)
1100che ad abbassar quel temerario orgoglio
 altri che il mio valor meco non voglio.
 Eccomi a te, che pensi?
 IARBA
 Penso che all'ira mia
 la tua morte sarà poca vendetta.
 ENEA
1105Per ora a contrastarmi
 non fai poco se pensi; all'armi.
 IARBA
                                                          All'armi. (Mentre si battono e Iarba va cedendo, i suoi mori vengono in aiuto di lui ed assalgono unitamente Enea. I compagni d’Enea in aiuto di lui scendono dalle navi ed attaccano i mori. Enea e Iarba combattendo entrano. Siegue zuffa fra troiani e mori. I mori fuggono e gl’altri li sieguono. Escono di nuovo combattendo Enea e Iarba)
 ENEA
 Già cadesti e sei vinto. O tu mi cedi
 o trafiggo quel core.
 IARBA
                                       Invan lo chiedi.
 ENEA
 Se al vincitor sdegnato
1110non domandi pietà...
 IARBA
                                         Siegui il tuo fato.
 ENEA
 Sì mori. Ma che fo? Vivi, non voglio
 nel tuo sangue infedele
 questo acciaro macchiar.
 IARBA
                                                Sorte crudele!
 ENEA
 
    Vivi superbo e regna.
1115Regna per gloria mia,
 vivi per tuo rossor.
 
    E la tua pena sia
 il rammentar che in dono
 ti diè la vita e il trono
1120pietoso il vincitor. (Parte)
 
 SCENA III
 
 IARBA, poi OSMIDA
 
 IARBA
 Ed io son vinto ed io soffro una vita
 che d'un vile stranier due volte è dono!
 No. Vendetta vendetta, e se non posso
 nel sangue d'un rivale
1125tutto estinguer lo sdegno,
 opprimerà la mia caduta un regno.
 OSMIDA
 Iarba già in tua difesa
 lo stuol de' mori a queste mura arriva.
 IARBA
 Giunse pur una volta. È tempo alfine
1130di sorprender Cartago,
 di punir Dido e d'assalir Enea,
 pria che di nuovo in su le navi accolga
 le sparse schiere e l'ancore disciolga.
 OSMIDA
 Andiam. Di tue vendette
1135sarò ministro anch'io.
 IARBA
                                           No no, rimanti,
 uopo or non ho di mercenaria aita.
 OSMIDA
 Come! E finor...
 IARBA
                                Finora anima vile
 giovommi il tradimento,
 or vo' punito il traditore.
 OSMIDA
                                                E questa
1140tu rendi alla mia fede...
 IARBA
 Questa de' tradimenti è la mercede. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 OSMIDA
 
 OSMIDA
 Infelice, che sento!
 Ecco che in un momento
 mi lascia ogni speranza in abandono,
1145perdo gli amici e non acquisto il trono.
 
    Agitata è l'alma mia
 dalla tema e dal furor.
 
    Or m'accende ed or m'aghiaccia
 il delitto e la minaccia,
1150il rimorso ed il timor. (Parte)
 
 SCENA V
 
 Arborata che conduce al porto.
 
 ARASPE, poi SELENE
 
 ARASPE
 Tutta di Iarba all'ira
 veggo esposta Cartago, almen potessi
 dar soccorso al mio bene.
 Chi sa dove s'asconda! Ecco che viene.
1155Principessa ove corri?
 SELENE
                                           Io de' miei passi
 ragion non rendo a un mio nemico.
 ARASPE
                                                                  Oh dio
 Araspe è tuo nemico! Ah mal conviene
 il nome di nemico a chi t'adora.
 SELENE
 No non ama Selene
1160chi Enea chiama al cimento o vuol che mora.
 ARASPE
 Troppo o bella ti sdegni e ingiustamente
 per lui spergiuro e traditor mi chiami.
 Perdona l'ardir mio, temo che l'ami.
 SELENE
 Sì, l'amo, è vero, io non l'ascondo; è forse
1165gran delitto l'amarlo? O si pretende
 dar legge a' nostri affetti?
 ARASPE
 No cara, amalo pur, io non mi lagno
 né di te, né di Enea, di me più degno
 è degli affetti tuoi; ma soffri almeno
1170giacché sdegni d'amarmi
 ch'io della sorte mia possa lagnarmi.
 SELENE
 Inutilmente io perdo
 teco i momenti.
 ARASPE
                                Ascolta, ove ten vai?
 Forse...
 SELENE
                 In traccia d'Enea.
 ARASPE
                                                   T'arresta o cara.
1175A gran periglio esponi
 col partir la tua vita.
 SELENE
                                        A qual periglio?
 ARASPE
 Iarba è reso più forte, a queste sponde
 giunsero i Mori in suo soccorso.
 SELENE
                                                            Oh dei!
 Ma che sarà?
 ARASPE
                           Nol so; da un re possente
1180ed a ragion sdegnato
 tutto si può temer.
 SELENE
                                     Deh se tu m'ami,
 dall'africano infido
 me difendi ed Enea, Cartago e Dido.
 ARASPE
 Sai che poco han di forza i miei consigli
1185su quel feroce petto,
 pur quanto lice a me tutto prometto.
 Di voti e di preghiere
 non sarò scarso, acciò gli oltraggi suoi
 ponga Iarba in oblio;
1190e se basta il mio sangue, il sangue mio
 spargerò dalle vene
 per Cartago ed Enea, Dido e Selene.
 SELENE
 Tutto dal tuo bel core
 lice sperar.
 ARASPE
                        Ma poi di me che fia?
 SELENE
1195Tu dalla sorte mia
 anche ad amar senza speranza impara.
 Se può la tua virtù
 amarmi a questa legge io tel concedo
 ma non chieder di più.
 ARASPE
                                             Di più non chiedo.
 SELENE
 
1200   Ardi per me fedele,
 serba nel cor lo strale
 ma non mi dir crudele
 se poi non hai mercé.
 
    Hanno sventura eguale
1205la tua, la mia costanza.
 Per te non v'è speranza.
 Non v'è pietà per me. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 ARASPE
 
 ARASPE
 So che lasciar dovrei
 un amor senza speme
1210ma in un ben nato core
 fiamma che pura nacque unqua non more.
 
    Vorrei disciogliere
 le mie catene
 ma il volto amabile
1215del caro bene
 toglie a quest'anima
 la libertà.
 
    Ancor che misero
 sia questo core,
1220pur soffre placido
 l'altrui rigore,
 l'amato carcere
 lasciar non sa.
 
 SCENA VII
 
  Regia con veduta della città di Cartagine in prospetto che poi s’incendia.
 
 DIDONE e poi OSMIDA
 
 DIDONE
 
    Va crescendo il mio tormento,
1225io lo sento e non l'intendo,
 giusti dei, che mai sarà?
 
 OSMIDA
 Deh regina pietà.
 DIDONE
                                   Che rechi amico?
 OSMIDA
 Ah no, così bel nome
 non merta un traditore
1230d'Enea, di te nemico e del tuo amore.
 DIDONE
 Come?
 OSMIDA
                 Con la speranza
 di farmi grande io secondai finora
 del tuo nemico i rei disegni; alfine
 dal mio rimorso oppresso
1235vengo il mio fallo a palesarti io stesso.
 DIDONE
 Reo di tanto delitto hai fronte ancora
 di presentarti a me?
 OSMIDA
                                        Sì mia regina.
 Tu vedi un infelice
 che non spera il perdono e nol desia,
1240chiedo a te per pietà la pena mia.
 DIDONE
 Sorgi. Quante sventure!
 Misera me sotto qual astro io nacqui!
 Manca ne' miei più fidi...
 
 SCENA VIII
 
 SELENE e detti
 
 SELENE
                                                 Oh dio germana.
 Alfin Enea...
 DIDONE
                          Partì?
 SELENE
                                        No, ma fra poco
1245le vele scioglierà da' nostri lidi.
 Or ora io stessa il vidi
 verso i legni fugaci
 sollecito condurre i suoi seguaci.
 DIDONE
 Che infedeltà! Che sconoscenza! Oh dei,
1250un esule infelice...
 Un mendico stranier... Ditemi voi
 se più barbaro cor vedeste mai!
 E tu cruda Selene
 partir lo vedi ed arrestar nol sai?
 SELENE
1255Fu vana ogni mia cura.
 DIDONE
 Vanne Osmida e procura
 che resti Enea per un momento solo.
 M'ascolti e parta.
 OSMIDA
                                  Ad ubbidirti io volo. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 DIDONE e SELENE
 
 SELENE
 Ah non fidarti. Osmida
1260tu non conosci ancor.
 DIDONE
                                         Lo so purtroppo.
 A quest'eccesso è giunta
 la mia sorte tiranna,
 deggio chieder aita a chi m'inganna.
 SELENE
 Non hai fuor che in te stessa altra speranza.
1265Vanne a lui, prega e piangi,
 chi sa, forse potrai vincer quel core.
 DIDONE
 Alle preghiere, ai pianti
 Dido scender dovrà? Dido che seppe
 dalle sidonie rive
1270correr dell'onde a cimentar lo sdegno,
 altro clima cercando ed altro regno?
 Son io, son quella ancora
 che di nuove cittadi Africa ornai,
 che il mio fasto serbai
1275fra l'insidie, fra l'armi e fra i perigli
 ed a tanta viltà tu mi consigli?
 SELENE
 O scordati il tuo grado
 o abbandona ogni speme,
 amore e maestà non vanno insieme.
 
 SCENA X
 
 ARASPE e detti
 
 DIDONE
1280Araspe in queste soglie!
 ARASPE
                                              A te ne vengo (Si cominciano a veder fiamme in lontano sugl’edifici di Cartagine)
 pietoso del tuo rischio. Il re sdegnato
 di Cartagine i tetti arde e ruina.
 Vedi, vedi o regina
 le fiamme che lontane agita il vento.
1285Se tardi un sol momento
 a placar il suo sdegno
 un sol giorno ti toglie e vita e regno.
 DIDONE
 Restano più disastri
 per rendermi infelice!
 SELENE
                                            Infausto giorno!
 
 SCENA XI
 
 OSMIDA e detti
 
 DIDONE
1290Osmida.
 OSMIDA
                   Arde d'intorno...
 DIDONE
 Lo so. D'Enea ti chiedo,
 che ottenesti da Enea.
 OSMIDA
                                           Partì l'ingrato.
 Già lontano è dal porto; io giunsi appena
 a ravvisar le fuggitive antenne.
 DIDONE
1295Ah stolta! Io stessa, io sono
 complice di sua fuga, al primo istante
 arrestar lo dovea. Ritorna Osmida,
 corri, vola sul lido, aduna insieme
 armi, navi, guerrieri.
1300Raggiungi l'infedele,
 lacera i lini suoi, sommergi i legni,
 portami fra catene
 quel traditore avvinto.
 E se vivo non puoi, portalo estinto.
 OSMIDA
1305Tu pensi a vendicarti e cresce intanto
 la sollecita fiamma.
 DIDONE
                                      È ver, corriamo.
 Io voglio... Ah no... Restate...
 Ma la vostra dimora...
 Io mi confondo... E non partisti ancora?
 OSMIDA
1310Eseguisco i tuoi cenni. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 DIDONE, SELENE, ARASPE
 
 ARASPE
                                             Al tuo periglio
 pensa o Didone.
 SELENE
                                 E pensa
 a ripararne il danno.
 DIDONE
 Non fo poco s'io vivo in tanto affanno.
 Va' tu cara Selene,
1315provedi, ordina, assisti in vece mia,
 non lasciarmi, se m'ami, in abbandono.
 SELENE
 Ah che di te più sconsolata io sono. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 DIDONE, ARASPE
 
 ARASPE
 E tu qui resti ancor? Né ti spaventi
 l'incendio che s'avanza?
 DIDONE
1320Ho perso ogni speranza,
 non conosco timor, ne' petti umani
 il timor e la speme
 nascono in compagnia, muoiono insieme.
 ARASPE
 Il tuo scampo desio, vederti esposta
1325a tal rischio mi spiace.
 DIDONE
 Araspe per pietà lasciami in pace.
 ARASPE
 
    Già si desta la tempesta,
 hai nemici i venti e l'onde,
 io ti chiamo su le sponde
1330e tu resti in mezzo al mar.
 
    Ma se vinta alfin tu sei
 dal furor delle procelle,
 non lagnarti delle stelle,
 degli dei non ti lagnar. (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 DIDONE, poi OSMIDA
 
 DIDONE
1335I miei casi infelici
 favolose memorie un dì saranno
 e forse diverranno
 soggetti miserabili e dolenti
 alle tragiche scene i miei tormenti.
 OSMIDA
1340È perduta ogni speme.
 DIDONE
 Così presto ritorni?
 OSMIDA
                                       Invano, o dio,
 tentai passar dal tuo soggiorno al lido.
 Tutta del moro infido
 il minaccioso stuol Cartago inonda.
1345Fra le strida e i tumulti
 agl'insulti degli empi
 son le vergini esposte, aperti i tempi.
 Né più desta pietade
 o l'immatura o la cadente etade.
 DIDONE
1350Dunque alla mia ruina
 più riparo non v'è? (Si comincia a veder il fuoco nella regia)
 
 SCENA XV
 
 SELENE e detti
 
 SELENE
                                       Fuggi o regina.
 Son vinti i tuoi custodi,
 non ci resta difesa.
 Dalla cittade accesa
1355passan le fiamme alla tua regia in seno
 e di fumo e faville è il ciel ripieno.
 DIDONE
 Andiam. Si cerchi altrove
 per noi qualche soccorso.
 OSMIDA
                                                E come?
 SELENE
                                                                  E dove?
 DIDONE
 Venite anime imbelli,
1360se vi manca valore
 imparate da me come si muore.
 
 SCENA XIV
 
 IARBA con guardie e detti
 
 IARBA
 Fermati.
 DIDONE
                    O dei!
 IARBA
                                  Dove così smarrita?
 Forse al fedel troiano
 corri a stringer la mano?
1365Va' pure, affretta il piede,
 che al talamo reale ardon le tede.
 DIDONE
 Lo so, questo è il momento
 delle vendette tue. Sfoga il tuo sdegno
 or ch'ogn'altro sostegno il ciel mi fura.
 IARBA
1370Già ti difende Enea, tu sei sicura.
 DIDONE
 Alfin sarai contento.
 Mi volesti infelice, eccomi sola,
 tradita, abbandonata,
 senza Enea, senz'amici e senza regno.
1375Timida mi volesti. Ecco Didone
 già sì fastosa e fiera, a Iarba accanto
 alfin discesa alla viltà del pianto.
 Vuoi di più? Via crudel passami il core,
 è rimedio la morte al mio dolore.
 IARBA
1380(Cedon gli sdegni miei).
 SELENE
 (Giusti numi pietà).
 OSMIDA
                                        (Soccorso o dei).
 IARBA
 E pur Didone, e pure
 sì barbaro non son qual tu mi credi.
 Del tuo pianto ho pietà, meco ne vieni.
1385L'offese io ti perdono
 e mia sposa ti guido al letto e al trono.
 DIDONE
 Io sposa d'un tiranno,
 d'un empio, d'un crudel, d'un traditore
 che non sa che sia fede,
1390non conosce dover, non cura onore!
 S'io fossi così vile
 saria giusto il mio pianto,
 no, la disgrazia mia non giunse a tanto.
 IARBA
 In sì misero stato insulti ancora?
1395Olà miei fidi andate,
 s'accrescano le fiamme. In un momento
 si distrugga Cartago e non vi resti
 orma d'abitator che la calpesti. (Partono due comparse)
 SELENE
 Pietà del nostro affanno.
 IARBA
1400Or potrai con ragion dirmi tiranno. (A Didone)
 
    Cadrà fra poco in cenere
 il tuo nascente impero;
 e ignota al passaggiero
 Cartagine sarà.
 
1405   Se a te del mio perdono
 meno è la morte acerba
 non meriti superba
 soccorso né pietà. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 DIDONE, SELENE, OSMIDA
 
 OSMIDA
 Cedi a Iarba o Didone.
 SELENE
1410Conserva colla tua la nostra vita.
 DIDONE
 Solo per vendicarmi
 del traditor Enea,
 ch'è la prima cagion de' mali miei,
 l'aure vitali io respirar vorrei.
1415Ah faccia il vento almeno,
 facciano almen gli dei le mie vendette.
 E folgori e saette
 e turbini e tempeste
 rendano l'aure e l'onde a lui funeste.
1420Vada ramingo e solo. E la sua sorte
 così barbara sia
 che si riduca ad invidiar la mia.
 SELENE
 Deh modera il tuo sdegno, anch'io l'adoro
 e soffro il mio tormento.
 DIDONE
                                               Adori Enea?
 SELENE
1425Sì, ma per tua cagione...
 DIDONE
                                               Ah disleale
 tu rivale al mio amor?
 SELENE
                                           Se fui rivale
 ragion non hai...
 DIDONE
                                 Dagli occhi miei t'invola,
 non accrescer più pene
 ad un cor disperato.
 SELENE
1430(Misera donna ove la guida il fato). (Parte)
 OSMIDA
 Crescon le fiamme e tu fuggir non curi?
 DIDONE
 Mancano più nemici! Enea mi lascia,
 trovo Selene infida,
 Iarba m'insulta e mi tradisce Osmida.
1435Ma che feci empi numi! Io non macchiai
 di vittime profane i vostri altari.
 Né mai di fiamma impura
 feci l'are fumar per vostro scherno.
 Dunque perché congiura
1440tutto il ciel contro me, tutto l'inferno?
 OSMIDA
 Ah pensa a te, non irritar gli dei.
 DIDONE
 Che dei. Son nomi vani,
 son chimere sognate o ingiusti sono.
 OSMIDA
 (Gelo a tanta empietade! E l'abbandono). (Parte)
 
 SCENA ULTIMA
 
 DIDONE
 
 DIDONE
1445Ah che dissi infelice! A qual eccesso
 mi trasse il mio furore.
 Oh dio cresce l'orrore. Ovunque io miro
 mi vien la morte e lo spavento in faccia,
 trema la regia e di cader minaccia.
1450Selene, Osmida, ah tutti,
 tutti cedeste alla mia sorte infida,
 non v'è chi mi soccorra o chi m'uccida.
 
    Vado... Ma dove... Oh dio.
 Resto... Ma poi, che fo!
1455Dunque morir dovrò
 senza trovar pietà?
 
 E v'è tanta viltà nel petto mio?
 No no. Si mora; e l'infedele Enea
 abbia nel mio destino
1460un augurio funesto al suo camino.
 Precipiti Cartago,
 arda la regia e sia
 il cenere di lei la tomba mia.
 
 IL FINE